Il ‘cuore’ messo a dura prova dal Covid

Il ‘cuore’ messo a dura prova dal Covid

L’impatto del virus sulla cardiologia
Il ‘cuore’ messo a dura prova dal Covid L’invisibile SARS-CoV-2 sta condizionando da mesi le nostre vite, coinvolgendo in maniera particolarmente grave gli affetti, sia costringendo alla lontananza, sia impedendo di assistere i malati in momenti critici del loro decorso.
Ma il coinvolgimento del “cuore”, da sempre considerato sede dei sentimenti, non è solo metaforico: anche l’organo fisico deve fare i conti, da diversi punti di vista, con il microscopico virus.
Il primo è sicuramente l’attacco diretto del Coronavirus: a latere delle polmoniti, sono stati descritti anche diversi effetti cardiovascolari, probabilmente non particolarmente frequenti.
In alcuni casi si è dimostrata ischemia acuta, quindi situazioni correlabili all’angina ed all’infarto, che abitualmente si verificano su base aterosclerotica; sono state descritte dilatazioni notevoli delle arterie coronarie, simili ad una rara malattia infiammatoria dei bambini, denominata sindrome di Kawasaki; sono riportate manifestazioni trombotiche a livello di diversi distretti vascolari.

Proprio per prevenire e curare questi ultimi fenomeni, che sono invece frequentissimi a livello polmonare, l’Eparina, che ha un’azione anticoagulante, è diventata un caposaldo della terapia farmacologica, sia nei casi lievi che in quelli critici.
Un’altra conseguenza della pandemia è che i casi più critici, e talvolta letali, si verificano nei pazienti anziani con precedenti patologie. Quindi i cardiopatici cronici, con scompenso cardiaco, importanti manifestazioni aterosclerotiche o malattie delle valvole, sono tra i soggetti maggiormente a rischio di gravi complicanze e presentano minore resistenza sia alla patologia infiammatoria scatenata dal virus sia alle complesse terapie farmacologiche (cortisonici ad esempio) e meccaniche (respiratori).
Gli epidemiologi stanno sottolineando che i casi fatali si realizzano per lo più tra i pazienti più anziani, soprattutto se affetti da tre o più patologie. Questa definizione farebbe a prima vista pensare che solo soggetti gravemente ammalati e defedati siano i pazienti veramente a rischio, ma così non è. Studiando le statistiche si vede che tra le tre patologie sono spesso enumerate il diabete e l’ipertensione in associazione con un’altra malattia. Ciò significa che, ad esempio, un iperteso diabetico con un vecchio infarto miocardico nella storia clinica ha tre patologie e, anche se in condizioni ottimali ed in buona salute, rientra in questa categoria di soggetti a particolar rischio se contrae il Covid-19.
La terza conseguenza della diffusione del virus è che le persone affette da altre patologie stanno rinunciando alle cure.

Diversi sono i motivi che portano a questa situazione: prima di tutto lo stop che le Autorità hanno dato alle attività sanitarie di elezione, a cui fanno eccezione le patologie oncologiche ma non le cardiovascolari. Ambulatori e day hospital chiusi, interruzione delle procedure e degli interventi programmati con il conseguente allungamento delle liste d’attesa sono ostacoli insormontabili.
Ma vi si aggiunge il giustificato timore dell’ospedale: in tutte le strutture sanitarie sono stati predisposti, bene o male, percorsi differenziati per i pazienti Covid ed i no-Covid, ma il Pronto Soccorso resta un luogo di commistione, almeno fino all'espletamento del triage specifico e quindi all'arrivo della risposta di un tampone, che se molecolare e quindi più affidabile, richiede tempi di processamento non brevi.

Le cronache ci hanno anche riportato casi di contagi ospedalieri, spesso multipli, per cui gli accessi ai Pronto soccorso sono ridotti in misura incredibile per la paura che ne hanno i potenziali utenti. Ciò è accettabile, anzi auspicabile almeno in questa fase, per le patologie minori, quelle che solitamente afferiscono al Pronto soccorso soprattutto per mancanza di alternative sul territorio, affollandoli per motivi non necessari, ma può avere conseguenze gravissime negli altri casi. Quale esempio paradigmatico, non possiamo non citare l’emergenza cardiologica per eccellenza, l’infarto miocardico, che ha notoriamente necessità di una diagnosi tempestiva che permetta di instaurare immediatamente il trattamento più efficace, cioè l’angioplastica coronarica.

L’infarto origina dall’occlusione di un ramo coronarico a causa di un trombo: la sua pronta rimozione, possibilmente entro due ore dalla comparsa del dolore toracico, e l’allargamento del vaso con l’impianto del celebre stent, tubicino di metallo che mantiene la pervietà della coronaria, ha permesso di portare dall’antico 20% all’attuale valore, inferiore al 5%, la mortalità’ per infarto, mentre lo stesso scompenso cardiaco ha ridotto significativamente la sua incidenza nel post-infarto.
Quindi che cosa fare per evitare l’impatto cardiovascolare del SARS-CoV-2? Essenzialmente sono determinanti due provvedimenti elementari, ma troppo spesso trascurati.
Il primo è sicuramente evitare il contagio: il distanziamento fisico (perché’ lo chiamano sociale??) si può agevolmente mantenere anche in contesti “sociali”, siano essi una casa con ospiti o un negozio ben organizzato. Mascherina e metro di distanza sono le basi e se divenissero compagni del nostro quotidiano, ci risparmierebbero, contagi, decessi e lockdown.

L’altro provvedimento è non dimenticare che i “microbetti” (termine che abbiamo usato per spiegare il virus ai nostri nipoti) in questione ci hanno portato una nuova malattia ma non hanno eliminato le altre.
Quindi non abbassiamo la guardia: il dolore toracico richiede sempre un’immediata chiamata al 118, che saprà gestire, senza rischio di contaminazioni, il trasporto al Centro Cardiologico più vicino mentre le palpitazioni devono spingere a consultare appena possibile un Cardiologo, sul territorio o sempre al Pronto soccorso. 
Purtroppo quando finalmente riusciremo a fare il bilancio dei danni da Covid-19, una fetta, forse non piccola, sarà stata determinata dalla “mancata cura delle altre patologie”.
Ciascuno di noi può dare un contributo per evitarlo. 


Nella foto in basso, da sinistra, il dott. Roberto Violini
e il team di Cardiologia con, al centro, la direttrice dott.ssa Michelina Ferraro

 

 

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