IL ‘MODELLO’ BETANIA NELLA LOTTA AI TUMORI

IL ‘MODELLO’ BETANIA NELLA LOTTA AI TUMORI

Intervista a Giuseppe Barberis, direttore unità oncologia
IL ‘MODELLO’ BETANIA NELLA LOTTA AI TUMORI L’Ospedale Evangelico Betania da oltre vent’anni rappresenta un punto di riferimento nel trattamento dei tumori. L’Unità di oncologia che ha mosso i primi passi tra la metà e la fine degli anni ’80 del secolo scorso oggi effettua migliaia di terapie all’anno.
Ne parla il dott. Giuseppe Barberis, che ne è il direttore sin dalla sua creazione, nel 2006 ma vi lavora dall’inizio quando era integrata nella chirurgia.
 

Domanda. Qual è il bilancio dell’ultimo anno e dei primi mesi del 2021 nella lotta ai tumori?
Risposta. Quello che ci siamo lasciati alle spalle è stato l’anno più difficile nella lotta al cancro ma noi non abbiamo mollato e, seppur tra mille difficoltà, siamo riusciti a raggiungere risultati significativi per i pazienti ma anche dalla struttura. Voglio esprimere un sentito ringraziamento a tutti i nostri operatori che negli ultimi 12 mesi, dal marzo scorso, hanno fatto uno sforzo enorme per garantire la continuità assistenziale e la qualità nelle cure. Nel 2020 abbiamo effettuato oltre 3200 trattamenti, un numero veramente alto per le possibilità del nostro ospedale: 250-300 terapie al mese, anche in quelli del lockdown, con una media di circa 14 terapie al giorno.
 
D. Come avete fatto a raggiungere questi risultati con le restrizioni imposte dall’emergenza?
R. Abbiamo potenziato ulteriormente il “modello Betania” che negli ultimi 15 anni ci ha consentito di diventare un punto di riferimento sul territorio regionale nell’assistenza e cura oncologica, che è fondato sulla forte collaborazione di diversi reparti dell’ospedale e un eccezionale team multidisciplinare ma soprattutto con un impegno straordinario, oltre ogni immaginazione, del nostro personale che ha dovuto sostituirsi ai familiari in tutte le fasi del percorso ospedaliero, dalla presa in carico del paziente all’ingresso in ospedale fino alla sua uscita al termine della terapia. In questi lunghissimi mesi siamo stati noi la famiglia dei pazienti, abbiamo cercato di essere presenti in tutte le fasi del percorso. È stato sempre così ma quest’anno lo abbiamo fatto di più.
 
D. In cosa consiste l’approccio multidisciplinare?
Nel nostro approccio il malato va considerato non solo nel male fisico, e quindi trattando solo l’aspetto medico-scientifico, ma anche sotto l’aspetto psichico, quello emotivo-sentimentale, quello sociale e familiare. Il paziente viene seguito da un team multidisciplinare composto oltre che da medici e infermieri da uno psicologo, un nutrizionista ma anche un pastore. Fondamentale il ruolo delle associazioni di malati. La nostra caratterizzazione di ospedale evangelico negli anni, attraverso la presenza di pastori, ci ha consentito di avere una marcia in più. Particolarmente significativa fu l’esperienza degli anni dal 1991 al 1996 quando avviammo un progetto di seminari con la Facoltà teologica Valdese i cui studenti sotto la guida del prof. Genre condussero colloqui con i pazienti per accompagnarli nel percorso di cura. Un’esperienza poi confluita nell’istituzione del servizio di psicologia e pastorale clinica. Dobbiamo essere molto grati ai Pastori dell’ospedale che si sono succeduti negli anni: Lella, Diodato, Aprile e oggi Polverino per il loro preziosissimo contributo al nostro lavoro.
 
D. Dunque lei ritiene che l’aspetto spirituale sia fondamentale nella guarigione.
R. Bisogna considerare la persona nella sua totalità. La diagnosi di cancro provoca un terremoto nella persona e la mette di fronte a se stessa. L’aspetto psicologico e spirituale conta molto più dell’aspetto medico-scientifico e terapeutico. In generale per ogni patologia ma in particolare nella cura dei tumori la salute deve essere considerata nella sua totalità di corpo e anima. La guarigione ha una fortissima componente psichica e spirituale. La salute dell’anima si chiama speranza.
 
D. Quanto l’emergenza sanitaria ha influito sulle terapie?
R. In generale il Covid è stato disastroso per la cura dei tumori rallentando notevolmente l’assistenza e creando molte difficoltà ai pazienti. Durante gli ultimi 12 mesi, purtroppo, abbiamo assistito anche ad una crescita della malattia anche perché è venuta meno la prevenzione. Tante, troppe persone, hanno rinunciato a sottoporsi ad attività diagnostiche per paura del contagio. Nel nostro ospedale, fortunatamente, siamo riusciti a tamponare il contraccolpo prodotto dall’emergenza sanitaria ma bisogna mantenere alta la guardia.
 
D. Come si effettua la prevenzione?
R. La prevenzione passa, prevalentemente, per i servizi di base. I medici di famiglia hanno un ruolo fondamentale così come lo hanno la radiologia e gastroenterologia. Se ci sono patologie pregresse, c’è una storia familiare o si rientra nelle fasce di età a rischio è fondamentale fare un controllo radiologico.
 
D. Quali sono le patologie tumorali più trattate dalla vostra struttura?
R. Le patologie prevalenti per cui si rivolgono a noi sono il tumore della mammella e quello gastroenterico (colon, retto, stomaco, pancreas, vie biliari, fegato) ma trattiamo anche patologie maligne Uroteriali (reni e vescica). Nel trattamento del cancro al seno abbiamo un’esperienza ultra trentennale che risale alla metà degli anni ’80 del secolo scorso quando iniziammo a sviluppare l’oncologia nell’ambito del reparto di chirurgia generale diretto dal dott. A. Salzano. Già dal 1988 iniziavamo ad affrontare in maniera integrata e multidisciplinare le patologie tumorali attraverso l’applicazione di protocolli di terapia medica ai pazienti affetti da cancro a completamento delle attività chirurgiche. L’attuale Unità semplice dipartimentale è nata del 2006 e me ne fu affidata la direzione.
 
D. Com’è cambiato il trattamento del cancro da quegli anni?
R. Sono cambiate prevalentemente le terapie. Oggi la tecnologia è fondamentale nella cura dei malati di cancro, la medicina e la scienza hanno fatto enormi passi avanti, ma non basta.
Le terapie mediche (chemioterapia, immunoterapia, endocrinoterapia (cioè ormonale), vengono applicate a pazienti in cui è stata individuata la malattia ed è stato definito un percorso terapeutico. Dal 1 luglio 2019 abbiamo avuto un cambio di passo fondamentale per la struttura con la possibilità di accedere a farmaci ad alto costo forniti dalla ASL Na1. Un ulteriore riconoscimento del ruolo che il nostro presidio ha raggiunto sul territorio. Il futuro è rappresentato principalmente dalla breast unit e ci stiamo sforzando di portare avanti la patologia oncologica del Colon, che di fatto, istituzionalizzeranno l’approccio seguito in questi anni della multidisciplinarietà e dell’integrazione con la medicina territoriale, le famiglie e soprattutto le associazioni familiari.
 

 

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